Una nuova politica per le aree protette siciliane?
Prime riflessioni a margine del Disegno di Legge recante “Legge generale sulle aree naturali protette”
di derivazione governativa all’esame della IV Commissione dell’Assemblea Regionale Siciliana
Di Santina Albanese
La politica in favore della tutela delle aree naturali protette in Sicilia risale al 1981, con la legge regionale n. 98.
Si trattò di un raro caso di lungimiranza del legislatore isolano dell’epoca che, non solo dettò una disciplina organica e
sistematica in materia di protezione di aree caratterizzate da particolare pregio naturalistico, ma costituì, ex lege,
tre parchi regionali ed un numero considerevole di riserve di interesse regionale.
Un impianto normativo, quello siciliano, che, nel tempo, ha mantenuto inalterata la sua struttura originaria e originale e
che ha subito, fino ad adesso, solo poche variazioni dovute, soprattutto, all’emanazione della L. n. 394/91 che ha introdotto,
a livello nazionale, la disciplina quadro in materia di aree protette.
Non bisogna trascurare, infatti, che la legislazione regionale è stata largamente antesignana rispetto al quadro normativo nazionale e,
pur avendo mutuato da altre regioni l’impianto strutturale del modello organizzativo preposto alla tutela del patrimonio naturale,
ha introdotto alcune innovazioni che caratterizzano ancor oggi il nostro sistema di tutela e conservazione delle aree naturalistiche,
nonostante le successive modifiche intervenute con le leggi regionali n. 14/88 e n. 71/1995.
Con la modifica del titolo V della Costituzione italiana, (di cui alla legge costituzionale n. 3/2001), che ha rinnovato,
nelle impostazioni legislative e amministrative, i rapporti tra Stato e Regioni, si è avvertita l’esigenza di procedere anche ad un
rinnovamento più profondo della legislazione regionale siciliana.
In passato, infatti, l’assenza di un sistema di principi generali, cui il legislatore regionale avrebbe potuto fare riferimento nella
istituzione e gestione delle aree naturali protette, nonché l’incertezza del quadro costituzionale in materia di tutela dell’ambiente,
aveva legittimato l’esercizio della potestà legislativa regionale - autonoma ovvero concorrente con lo Stato - nella materia riguardante
la protezione e l’elaborazione di specifiche discipline volte a tutelare determinati contesti caratterizzati da
particolare pregio naturalistico.
Oggi, mutato il contesto costituzionale, che ha attribuito la materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema alla competenza
esclusiva dello Stato, tra l’altro con una portata tale da travolgere anche i precedenti orientamenti giurisprudenziali della Corte
Costituzionale, si ravvede la necessità di adeguare gli impianti legislativi regionali già vigenti.
L’adeguamento è imposto dalla ri-considerazione della legge quadro n. 394/91; non più e non solo come legislazione contenente i
principi fondamentali relativi alla tutela della aree naturalistiche di pregio, cui il legislatore regionale avrebbe dovuto
fare riferimento nell’esercizio della propria potestà legislativa – autonoma o concorrente che fosse -, ma come provvedimento legislativo
la cui natura deve considerarsi attuativa di quanto disposto nell’art. 117 c. 2 lett. S della Costituzione, che
attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi.
In questa rinnovata ricostruzione dei rapporti tra le fonti normative, in materia di tutela ambientale, in cui, a buon diritto,
si ritiene ricompresa anche la disciplina in materia di tutela delle aree naturali, che viene, così, sottratta alla regolamentazione
autonoma del legislatore regionale, i principi di cui alla legge quadro devono ritenersi inderogabili e, pertanto, particolarmente
stringenti delle facoltà dei legislatori regionali.
Nel panorama legislativo vigente, dunque, la legge quadro se prima veniva considerata modello di orientamento e riferimento
delle politiche pubbliche regionali riguardanti le aree naturali protette, oggi, alla luce del mutato contesto istituzionale,
diventa, invece, lo strumento che pone e impone, secondo il criterio della inderogabilità, i veri vincoli e limiti di tutela
alla legislazione regionale: quest’ultima resta, pertanto, relegata ad un ruolo intermedio diretto solo al rafforzamento dei
sistemi di protezione ambientale e non anche derogatorio rispetto ai limiti e agli standard fissati dal legislatore nazionale.
Il rinnovato contesto costituzionale, nonché le ulteriori molteplici sfide ambientali che gli indirizzi internazionali e comunitari
di riferimento ci impongono, sono, dunque, alla base dei molteplici disegni di legge che sono attualmente in
attesa di esame presso l’ARS (Assemblea Regionale Siciliana).
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