Conclusioni
Da quanto finora esaminato, è di tutta evidenza la necessità di procedere ad un aggiornamento della legislazione
vigente, proprio per rispondere a tutte quelle istanze che ci provengono dai contesti istituzionali sopranazionali,
ma, anche, dalla voce delle popolazioni locali che, per troppo tempo, è rimasta inascoltata per la carenza
di strategie di sviluppo in grado di proporre modelli di economia alternativi, successivamente alla
imposizione del regime vincolistico.
Appare rilevante che il nuovo disegno di legge propone un sistema di politiche generali, abbandonando
vetuste logiche settoriali, così come la generalizzazione del silenzio assenso, come strumento sia di
semplificazione che di snellimento dell’azione procedurale nella gestione delle aree, deputate per atto
normativo, alla protezione della natura.
Ma occorre muoversi, anche, nella direzione dell’integrazione delle tematiche ambientali nell’ambito delle
altre politiche regionali che, con l’ambiente, possono avere una connessione, così come già l’Europa ci
insegna da molto tempo, al fine di raggiungere, oltre a maggiori livelli di protezione, anche una sistematicità
ulteriore nella gestione degli interventi sul territorio.
Una progettualità sistematica e integrata può, certamente, dare frutti più duraturi di singoli episodi
legislativi, ma occorre anche che la politica faccia un passo indietro rispetto alle logiche cui spesso
soggiace, al fine di dare alla protezione della natura procedure più snelle e competenze più valide di
quelle legate alla variabilità di intenti.
Nella costruzione sinergica del sistema regionale delle aree protette, non si può, quindi, continuare
a lasciare fuori, da ogni strategia, il recupero, necessario e inevitabile, di un legame identitario tra
comunità e territorio, come unica via possibile, per dare, così, maggiore forza al concetto di protezione
che va interpretato, soprattutto, nella individuazione e conseguente promozione del ciò che è possibile,
e non solo nell’indicazione di ciò che è vietato.
In tal senso, appare singolare che il nuovo disegno di legge venga improntato, al “recupero” di ciò che
si è perso, a “ri-equilibrare” rapporti che non sono mai nati, a “ri-costruire” assetti territoriali degradati
o abbandonati, a “ri-stabilire” il legame uomo-natura: forse non è mai troppo tardi per comprendere che si
sono fatti degli errori di valutazione, e che vale la pena invertire quella pesante tendenza che identifica
le aree protette solo dal regime dei vincoli e non anche dalle attività che sono possibili.
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