L’assetto amministrativo
Per quanto concerne l’assetto amministrativo e gestionale, le modifiche, di cui al disegno di legge regionale
in esame, appaiono di particolare rilievo.
Sotto il profilo dello snellimento delle procedure amministrative, viene proposta la riduzione dei costi gestionali
di funzionamento degli Enti Parco, al fine di pervenire ad una migliore razionalizzazione delle spese,
a partire dai tagli alle duplicazioni funzionali di cui meglio si dirà in seguito.
Intanto, permarrebbe una gestione coordinata tra gli organi regionali e gli enti gestori delle aree sottoposte a tutela.
Nello specifico, all’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente verrebbe ora riconosciuto, oltre al suo ruolo tradizionale di
vigilanza e controllo sulla gestione degli Enti Parco, anche il potere di definire obiettivi e linee strategiche
prioritarie per le aree tutelate, attraverso l’emanazione di una “direttiva annuale” avente ad oggetto gli obiettivi
strategici che il sistema regionale delle aree protette dovrà conseguire.
Obiettivi e strategie, che dovranno risultare in linea con gli impegni di carattere nazionale ma, soprattutto,
di carattere internazionale e comunitario, al fine di garantire unitarietà nelle azioni politiche, nell’immagine
e nella comunicazione istituzionale relativa al sistema regionale delle aree naturali protette.
Inoltre, nei rapporti con gli enti gestori, alla Regione verrebbe affidato il compito di attuare un monitoraggio ed
il controllo sull’attività da loro svolta, con valutazione dei risultati in relazione alle finalità e agli obiettivi
programmati conseguiti secondo criteri di efficienza ed efficacia.
Dovrà, anche, redigere e approvare il Piano Regionale delle Aree Protette (Pi.R.A.P.) dove, oltre alla regolamentazione
delle aree già salvaguardate, potranno essere individuate nuove zone da tutelare, purchè accompagnate dalla normativa sul
regime di uso del territorio, nonché le aree SIC (siti di importanza comunitaria) e ZPS (zone a protezione speciale)
già note, o altre suscettibili di inserimento, lavorando d’intesa con i Comuni e le Province, anche per la delimitazione
e la realizzazione di aree di riequilibrio ecologico o di aree di collegamento ecologico, secondo quanto previsto
dalle direttive note come Habitat ed Uccelli.
Il nuovo disegno di legge tende, così, a costruire il modello regionale delle aree protette sulla falsariga della legge
quadro nazionale n. 394/91, adottando formulazioni e istituti analoghi da applicare anche sul territorio regionale,
al fine di rendere più snella la “governance” attraverso la promozione di un assetto organizzativo e gestionale più
semplice cui pervenire, rispetto a quello attualmente vigente, soprattutto, in virtù della generalizzazione dello
strumento del silenzio assenso.
Infatti, nell’ambito della riduzione delle duplicazioni funzionali e dei tagli economici, il disegno di legge
centralizzerebbe, per l’intero sistema delle aree protette, il “Collegio dei Revisori dei Conti” , con conseguente
cessazione, all’atto della sua costituzione, dei singoli organi già costituiti, preposti ad analoghe funzioni,
all’interno delle singole aree protette.
Viene, altresì, prevista la soppressione del Consiglio Regionale per la Protezione della Natura (CRPPN) nonché
di tutti i Comitati tecnico – scientifici operanti nelle singole aree protette, le cui funzioni verrebbero
assorbite da un solo CTS unificato come organo di consulenza per la politica regionale relativa al sistema
delle aree protette e per il rilascio di pareri sulla compatibilità ambientale di attività economiche esercitabili
all’interno dei confini di protezione.
Nell’ottica della centralizzazione, cesserebbero di esistere, nell’ambito delle singole aree protette, anche i
Servizi di valutazione e controllo strategico e il Nucleo di valutazione per l’esercizio del controllo di gestione,
che verrebbero sostituiti da un’unica “Commissione centrale per l’esercizio delle forme di controllo” chiamata
ad esercitare valutazioni sulle scelte compiute in ordine all’attuazione di piani, progetti, sulla direttiva
annuale e sugli atti di gestione.
A questo, si aggiungerebbe, nella previsione del disegno di legge, anche un “Centro di documentazione e ricerca”,
finalizzato alla conoscenza del patrimonio tutelato e alla sua diffusione per fini didattici e culturali.
Il quadro generale, così delineato, si arricchirebbe di un ulteriore elemento di complessità dato dall’istituzione
di una “Conferenza Permanente Regionale Delle Aree Naturali Protette”, con funzioni di raccordo tra
amministrazione regionale ed enti gestori, che eserciterebbe compiti di coordinamento, indirizzo e proposta.
Alla luce di quanto fin qui delineato, ciò che appare censurabile, sembra non solo questo passaggio di accentramento
dagli enti “periferici” verso l’alveo centrale regionale, benché legittimato dalla necessità di razionalizzare
le funzioni ed economizzare sulle spese, ma anche il concentramento logistico di questa complessa struttura
di apparati amministrativi all’interno dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente.
Questa concentrazione potrebbe comportare un’influenza politica più decisiva sulla composizione e funzionalità
dei vari organi, che il nuovo disegno di legge prevede, senza contare il prevedibile rischio di appesantire
oltremodo la già elefantiaca burocrazia regionale.
Indubbiamente, sotto il profilo economico, l’esaminando disegno di legge potrebbe produrre una gestione più
razionale, ma l’accentramento di organi e funzioni all’interno della macchina regionale, non sembra favorire
una gestione più rapida e più snella del sistema regionale delle aree protette.
Probabilmente, sarebbe stato auspicabile, invece, ritagliare alla Regione solo la predisposizione di programmi
e indirizzi di carattere generale e costituire un soggetto amministrativo autonomo, indipendente,
strutturalmente distinto - come un’Authority -, per la gestione dei rapporti con i vari enti gestori,
in grado di interfacciarsi con l’Amministrazione Regionale e con le aree protette, lontano, il più possibile,
dalle logiche del potere politico e della spartizione partitica che rischiano, invece, di rallentare la realizzazione
delle politiche strategiche per le aree protette, le quali resterebbero assoggettate, in tal modo, agli
umori variabili e discontinui della politica.
Senza contare, inoltre, che questa ritrovata centralità non sembrerebbe favorire la realizzazione di quella,
più volte auspicata, collaborazione tra Autorità e popolazioni insediate nell’ambito dei territori protetti che,
invece, in un’ottica di rinnovamento, avrebbe potuto portare ad una maggiore condivisione delle scelte
opzionabili e alla realizzazione di sinergie proficue nella individuazione di modelli economici alternativi.
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