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Iblei, a che punto siamo?

Foto: Iblei, a che punto siamo?

E’ passato un pò di tempo quando Vito Oddo, presidente del CAI di Siracusa aveva intuito l’opportunità di realizzare un Parco Naturale sull’altopiano degli Iblei. Forse il movimento messo su allora poneva un parziale attenzione dell’area Iblea, concentrata soprattutto nella provincia di Siracusa. Già allora, in questa porzione degli Iblei si erano consolidate le basi per una mirata conservazione del territorio, con l’istituzione delle Riserve di Pantalica e Cavagrande del Cassibile. Proprio Oddo seguì questo percorso, inserendo un sentiero naturalistico nel territorio di Buccheri (S. Maria) inglobato nel complesso circuito del Sentiero Italia. La prematura scomparsa di Oddo, ha fatto sì da rallentare il percorso per la proposta del Parco degli Iblei.

C’era stato un flebile tentativo di discussione, avviato presso APT di Siracusa grazie alla disponibilità prestata da Salvino La Rosa, a cui hanno partecipato la vedova di Oddo e altri rappresentanti del CAI, quindi Carmelo Nicoloso del Fondo Siciliano per la Natura, ma nonostante le buone intenzioni, tutto è rimasto fermo per anni. Nel 2005 si sono avviati i primi contatti tramite rappresentanti di Legambiente per riprendere il percorso interrotto, ha cui hanno aderito diverse associazioni ambientaliste non solo della Provincia di Siracusa, ma anche Ragusa e Catania, quali CAI, Ente Fauna Siciliana, Fondo Siciliano per la Natura, LIPU e WWF. Si è cercato subito di trovare un’intesa per cercare di tramutare il sogno in un progetto concreto e fattibile, è nato così il “Comitato Promotore per il Parco”.
Il Comitato non ha fini di lucro,ed ha lo scopo di promuovere l’istituzione del Parco nel territorio della Sicilia sud-orientale ricompresso nell’altipiano dei Monti Iblei,e nei “corridoi ecologici”che insistono nelle “cave”, formulando all’Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente della Regione Siciliana una proposta che contenga i cinque punti dell’articolo 26 della L.R. 98/1981.
Il Comitato dotato di statuto e dei relativi organi previsti, è rappresentato quale Presidente dall’ing. Domenico Turibbio. La sede è a Palazzolo Acreide nei locali del comune che ospita gratuitamente.


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La strategia di fondo del comitato è quella di disegnare un parco non più inteso come museo della natura,ma come nuovo modello di promozione e valorizzazione del territorio,attraverso la messa a punto delle seguenti azioni:
conservazione della natura che coniughi tutela e sviluppo socio-economico;
conservazione della specificità del sistema
promozione di un programma di educazione ambientale;
promozione del turismo sostenibile;
conservazione e sviluppo della ruralità;
promozione delle produzione di qualità nel settore agroalimentare;
sviluppo delle P.M.I.artigianali ed agroalimentari;
adeguamento della rete dei servizi.
La realtà territoriale è molto complessa, con difficoltà d’applicazione della normativa regionale vigente in materia. Infatti,a differenza dei Parchi già esistenti che presentano gran parte del territorio vincolato quasi interamente disabitato ( Parco dell’Etna, dei Nebrodi e delle ’istituendo Parco degli Iblei è caratterizzato da insediamenti ed attività umane piuttosto diffuse.


La proposta che si intende formulare, dovrebbe comprendere anche una richiesta di modifiche delle prescrizioni caratteristiche delle varie zone. Ad esempio se un allevatore ha la necessità di avere un nuovo magazzino,o una nuova stalla nella zona B del futuro Parco,e non dispone di strutture tradizionali da recuperare,gli si deve consentire di costruire una nuova struttura, purché compatibile con i canoni estetici dell’architettura tradizionale locale.
Sarà necessario formulare proposte di modifiche alle normative che verranno fuori dal confronto tra il Comitato Promotore con i Comuni,le Province,la Forestale,la Soprintendenza e le Associazioni delle varie categorie interessate, presenti nel territorio, il tutto nell’ottica di compatibilità con le finalità del Parco.


A che punto l’opera?

 


Su indicazione delle associazioni che compongono l’assemblea generale,sono stati nominati tre Gruppi di Consultazione,uno per ogni provincia,composti da tecnici esperti nelle diverse discipline che interessano tutti gli aspetti degli Iblei.
Essi hanno il compito di elaborare la proposta che contenga i cinque punti salienti dell’articolo 26 della L.R. 98/1981
L’attività viene coordinata a livello provinciale dai rispettivi componenti del Consiglio Direttivo,ed in generale dall’intero Consiglio Direttivo e dal Presidente.
Il lavoro è a buon punto, soprattutto per quanto riguarda il territorio della provincia di Ragusa, infatti recentemente è stata realizzata una pubblicazione con il coinvolgimento diretto del CAI, del Fondo Siciliano per la Natura e Legambiente, con il patrocinio di Istituzioni Comunali e Provinciali di Ragusa, compresi altri enti e società private.

DESCRIZIONE DEL TERRITORIO


L’altopiano degli Iblei, la cui cima più alta, monte Lauro, raggiunge 986 m. s.l.m., è costituito da numerose cave, rappresenta un importante complesso geologico della Sicilia sudorientale, a cavallo fra le province di Siracusa, Ragusa e Catania.
Il territorio, tozzo e omogeneo, leggermente ondulato, è solcato da profonde e ripide vallate, ricche di vegetazione, in fondo alle quali scorrono fiumi e torrenti, tra questi l’Anapo, inserito in un contesto naturalistico archeologico unico, e già posto in regime di protezione naturalistica regionale. Le precipitazioni meteoriche, abbondanti nel tardo autunno e in inverno, sono scarse o assenti in estate; per cui la natura assume ambienti e colori variegati a seconda dei luoghi e delle stagioni. L'origine vulcanica del territorio lo rende particolarmente fertile e questo ha favorito l'insediamento umano fin dal Paleolitico.


 Nel Neolitico si sviluppa nel territorio la cultura di Castelluccio e successivamente quella di Pantalica, che precederà la colonizzazione greca e romana. Significativa è anche la successiva presenza bizantina. Una costante di tutti gli insediamenti umani è stato il rapporto simbiotico con la natura, l'utilizzo delle sue risorse nel rispetto e quasi nella religiosità della grande madre, che concede i suoi frutti abbondanti, ma pretende lavoro e intelligenza.
 Simbolo del popolo ibleo è la pietra, che infonde stabilità e sicurezza, ma è anche espressione artistica e anelito di spiritualità. Un territorio che fece parte della Val di Noto, una delle tre Valli in cui gli arabi divisero la Sicilia.


 
L'Anapo il cui nome, di origine greca, significa invisibile, nasce nel territorio di Palazzolo Acreide dalle sorgenti di Guffari sul Monte Lauro, dopo circa 40 km, attraverso le gole di Pantalica (dal fiume prende il nome), sfocia nelle acque del Porto Grande di Siracusa.
Un lungo sentiero bianco percorre l'intera valle dell'Anapo a mezza costa: è il vecchio tracciato della linea ferrata a scartamento ridotto Siracusa - Ragusa - Vizzini che, partendo da Siracusa, risaliva la valle, giungendo alla stazione di Sortino Fusco, di Pantalica, di Cassaro - Ferla, di Palazzolo Acreide e di Buscemi.
 La ferrovia Siracusa - Ragusa - Vizzini venne interamente attivata al servizio pubblico nel 1923 e raggiunse il massimo della sua valorizzazione nel 1933, quando il Re Vittorio Emanuele III si recò, facendo uso del trenino alla Necropoli di Pantalica. Venne chiusa e smantellata nel 1956. 
  
 
LA FLORA E I VALORI AMBIENTALI


 L’ altopiano degli Iblei si estende quasi interamente nelle province di Ragusa, di Siracusa ed in una piccolissima porzione della provincia di Catania, sono numerose e ampie le fratture presenti, localmente denominate Cave, incidono il territorio a volte profondamente, con andamento per lo più perpendicolare alle coste.
La presenza dell'acqua, il grado di umidità favorevole ed il clima piuttosto mite della zona, hanno determinato all'interno delle cave la crescita di una lussureggiante e fitta vegetazione. 
Discretamente estesi sono i boschi spontanei a Querce, depauperati purtroppo ogni anno dagli incendi estivi.
Lo spettacolo che offrono le cave iblee, specialmente quelle del Siracusano, è particolare: dirupi e strapiombi inaccessibili, grotte un tempo sommerse dal mare e prodighe di reperti fossili spesso rari, grotte stalattitiche ancora intatte e ricche di policrome concrezioni calcaree, ripari naturali di natura eolica, rara fauna selvatica e la nominata fitta vegetazione con frutti e bacche commestibili, erbe officinali e spesso con limpidi corsi d'acqua a fondo valle.


 La Macchia mediterranea ricopre le pareti di tutte le cave, caratterizzata da vegetazione ripale sommersa dei fiumi, contestualmente immersa ecosistemi di zone umide costiere, dove in alcuni lembi è presente la tipica vegetazione a Gariga.
 I boschi sono in prevalenza a Quercus ilex (Leccio), assieme a pochi esemplari di Quercus pubescens (Roverella), l'aspetto di grossi alberi e presentano un sottobosco ricco di essenze caratteristiche quali Pistacia lentiscus (Lentisco), Edera helix, Smilax aspera (Stracciabrache), Ruscus aculeatus (Pungitopo), Asparagus acutifolius, Cyclamen repandum, Origanum vulgare, ecc. Fra le essenze arboree vegetano anche le Phillyree, Ramnus alaternus, Fraxinus ornus (Orniello), Pistacia terebintus (Pistacchio selvatico).
 Il sottobosco è caratterizzato dai Ciclamini, da alcune piccole Orchidee spontanee del genere Ophris, da Smilax aspera, Iris sisyrinchium, Cistus villosus, Ruscus aculeatus molto diffuso, Eryngium campestre in piccole localizzate distese e Calamintha officinalis (Nepitella) piuttosto abbondante. 
 

Le Cave 


Qui la vegetazione rende a volte impenetrabile l’accesso, la Macchia mediterranea di basso fusto, conferisce valore considerevole ai luoghi ove alligna, sia per le specie vegetali che la compongono, sia per le specie animali che vi si annidano.
 Particolarmente note la valle del Manghisi con la grandiosa Cava Grande, l'alta valle del fiume Anapo con i contrafforti di Pantalica, le valli del Calcinara, dell'Irminio, del Tellaro, dell'Asinaro ed altre cave minori quali San Marco, S. Lio, Cardinale, Cugno Marino, Cava Bagni, Cava del Signore, ecc.
Sono caratterizzate da vegetazione ripale a fondo valle che assume aspetti arborei con Platanus orientalis (val d'Anapo, Manghisi, Irminio, S. Lio), Salix pedicellata (Anapo), Populus nigra e Populus alba (pioppi); aspetti cespugliosi con Nerium oleander (Oleandro), Clematis vitalba, Mirtus communis, Equisetum ramosissimum (coda cavallina), Solanum dulcamara, Dryopteris felix-mas, Sambucus nigra, Adiantum capillus veneris (Capelvenere), ecc. Ed infine aspetti erbacei con le piante igrofile Sparganium erectum e Tipha latifolia.
Nei dirupi rocciosi al di sotto dell'altipiano si abbarbicano Putoria calabrica, Elicrisum scandens, Dianthus carthusianorum (Garofano selvatico), Capparis spinosa e le gialle Euforbie che tipicizzano in primavera il paesaggio siciliano in genere e le cave siracusane in particolare.


LA FAUNA


L'ambiente determina senza eccezione alcuna la presenza e la permanenza delle specie animali, le quali vi trovano le necessarie condizioni trofiche e climatiche per la sopravvivenza e la prolificazione.
Quanto più l'ambiente è integro, tanto più vi si determinano quegli equilibri biologici che consentono a numerose specie di convivere e sopravvivere o in simbiosi o in rapporto di predazione.
 L'equilibrio eco-biologico dell'altipiano acrense è ancora soddisfacente, anche se da tempo sono scomparse specie di grande interesse (Avvoltoi) ed altre - di cui parleremo appresso - sono in pericolo di declino.
 
Rettili e anfibi 
Lungo i fiumi del comprensorio ed i corsi d'acqua non perenni si può incontrare il raro Colubro leopardino (Elaphe situla), ma la specie più nota biscia d'acqua (Natrix natrix), aggressiva ma innocua. Poco numerosa è la Vipera meridionale (Vipera aspis) localizzata nelle assolate pietraie dell'altipiano. Ovunque si incontrano le Lucertole (Lacerta sicula), più difficile l’osservazione del Gogilo (Chalcideus ocellatus), altra lucertola curiosa, tozza, dalle piccolissime zampe esclusiva della Sicilia e della Sardegna è il Ramarro (Lacerta viridi), presenti le testuggini comuni (Testudo Hermanni) e la tartaruga palustre siciliana (Emys trinacris)molto mimetiche.
 Fra gli Anfibi sono comuni i Rospi (Bufo bufo), le rane (Rana esculenta) e meno comuni e localizzate lungo i maggiori fiumi le Raganelle (Hyla arborea).
 


Mammiferi selvatici 


In Sicilia son scomparsi ormai da tempo il Cervo, l'Orso bruno, il Cinghiale ed il Lupo, attualmente il mammifero più vistoso e molto noto è la Volpe (Vulpes vulpes): la specie è abbastanza diffusa sia in pianura, che nelle alture, ma in queste ultime trova cibo e rifugio con più facilità. La preda preferita sono i Conigli, ma l'animale non disdegna i frutti selvatici, i rifiuti nelle discariche pubbliche, gli animali da cortile.
La Martora (Martes martes) è divenuta piuttosto rara e limitata alle vallate più fitte ed impenetrabili; anch'essa come la Volpe è una predatrice e quindi ritenuta nociva ingiustamente e perseguitata, anche se l'attuale legislazione ne vieta assolutamente la caccia.
Più comuni troviamo invece la Lepre (Lepus europaeus), il Coniglio (Oryctolagus cuniculus), la Donnola (Mustela nivalis) - piccolo mustelide carnivoro e aggressivo - il Riccio (Erinaceus europaeus) e l'Istrice (Hystrix cristata). 
Mammiferi molto particolari sono i Pipistrelli, animali volanti, di abitudini crepuscolari e notturne, abitatori delle grotte e degli anfratti rocciosi ed alcuni (le Nottole). 
 


Avifauna 


Oltre agli uccelli stanziali, cioè che vi risiedono per tutto l'anno, il territorio si arricchisce in primavera delle specie che dalle zone calde dell'Africa si trasferiscono in luoghi più ospitali per nidificare, mentre d'inverno ospita quelle che sfuggono il freddo delle zone del Nord-Italia e Nord-Europa per trovare un clima più mite e più abbondanza di cibo. 
Sono numerose le specie che si rinvengono come residenti o come migratrici nel comprensorio.
 Diffusa la presenza di Passeri (Passer hispaniolensis), di Storni (Sturnus unicolor residente e Sturnus vulgaris migratore), i Rondoni (Apus apus), i Balestrucci (Delicon urbica), i Cardellini (Carduelis carduelis) e le Gazze (Pica pica), che si possono tutti osservare anche nei vari centri abitati, dove hanno trovato facilità di reperimento di cibo, tranquillità, rifugio e difesa dai predatori.
 Fra le specie residenti quella caratteristica, tipica, selvatica per eccellenza, autoctona, è la Coturnice (Alectoris greca Witacheri).
Seppure sono scomparsi i Grifoni (Gyps fulvus) recentemente è stato avvistato qualche esemplare reintrodotto sui Nebrodi e le Madonne, il quale ha raggiunto financo il mare del Plemmirio. 


Sono diminuiti il Corvo imperiale (Corvus corax) ed il Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), uccello proprio dei corsi d'acqua.
 Lungo i fiumi nidificano regolarmente e discretamente la Gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), il Porciglione (Ralus aquaticus), il piccolo Pendolino (Remiz pendulinus), la Ballerina gialla (Moticilla cinerea) dalla lunga coda, elegante e colorata, il Martin pescatore (Alcedo atthis) dagli accesi colori azzurro e rosso mattone ed il piccolissimo Usignolo di fiume (Cettia cettii).


 Nei boschi e nella Macchia mediterranea troviamo le silvie, piccoli ed attivi insettivori molto utili alle piante ed all'agricoltura per il loro ruolo ecologico: Occhiocotto (Sylvia melanocephala), Capinera (Sylvia atricapilla), Usignolo (Luscinia megarhynchos), Cinciallegra (Parus major), Cinciarella (Parus ceruleus) ed il minuscolo Codibugnolo (Aegithalos caudatus) nella tipica sottospecie siciliana.
 Nei dirupi rocciosi nidificano la Taccola (Corvus monedula), il Passero solitario (Turdus torquatus) ed i rapaci diurni: Falco pellegrino (Falco peregrinus) e Falco Lanario (Falco biarmicus) poco numerosi; Poiana (Buteo buteo), Gheppio (Falco tinnunculus) e Grillaio (Falco tinnunculoides) più diffusi.
Ancora in buon numero sono i Rapaci notturni: Barbagianni (Tyto alba) che nidifica nei vecchi caseggiati di campagna; Allocco (Strix aluco) abitatore dei luoghi a forte vegetazione; Civetta (Athene noctua)e Assiolo (Otus scops) presente anche nei centri abitati. Probabile la scomparsa del grosso Gufo reale (Bubo bubo).


 Un particolare e singolare Rapace diurno rischia l’estinzione, è l'Aquila del Bonelli (Hieraetus fasciatua), della quale forse nidificava ancora qualche coppie dislocate nelle zone più impervie ed inaccessibili di Val d'Anapo e Cava Grande.Quest'Aquila è un'imponente predatrice, più piccola dell'Aquila reale, e si nutre in prevalenza di Conigli selvatici. In quest’ultimi anni è frequente la presenza nei periodi di migrazione dell'Aquila minore (Hieraetus pennatus), e dellla Gru (Melagornis grus).
 Nelle zone pianeggianti ed alberate nidificano la Cappellaccia (Calerida cristata), lo Strillozzo (Emberizza calandra), l'Allodola (Alauda arvensis) e la Calandra (Melanocoripha calandra, il variopinto Fringuello (Fringilla coelebs) e l'invadente Cornacchia grigia (Corvus corone).

Si ringrazia il Fondo Siciliano per la Natura.

Le foto di Noto-Buscemi-Cavagrande del Cassibile sono di Fabio Morreale (Ente Fauna Siciliana), le altre di Iacono e Campo sono del CAI di Ragusa.


 
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