Innalzamento delle temperature, alterazione dei cicli stagionali, velocità di scioglimento dei ghiacciai, riscaldamento di oceani e mari, intensificarsi di eventi climatici estremi come alluvioni, esondazioni dei corsi d’acqua, siccità e desertificazione. In due parole cambiamenti climatici.
Secondo gli esperti la maggior parte del riscaldamento terrestre osservato negli ultimi 50 anni è provocato dalle attività dell’uomo. La prima causa sono i gas serra come l’anidride carbonica, il metano e gli idrofluorocarburi: nell’ultimo decennio la temeprature è aumentata di circa 0,8 gradi e si prevede che aumenterà da 1,4 a 5,8 gradi entro il 2100. Il conseguente innalzamento del livello dei mari, tra i 25-30 cm entro il 2050, porterebbero Venezia e numerose altre città costiere sott’acqua.
Proprio i fenomeni dell’erosione costiera e delle inondazioni generate dalle variazioni del livello medio del mare e dalle mareggiate estreme hanno già oggi un impatto enorme in relazione alla perdita di biodiversità, di patrimonio paesaggistico e ambientale (le pinete costiere, le dune, le stesse spiagge ecc.) e di aree per lo sviluppo di attività e forte impatto economico (turismo).
IL WORKSHOP. Oggi a Palermo al Castello Utveggio ha preso il via il workshop su “Cambiamenti climatici e ambiente marino – costiero”, organizzato da APAT (l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici) e dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’ambiente della Sicilia, che vuole evidenziare, alla luce delle conoscenze attuali, l’impatto dei previsti cambiamenti climatici sulla biodiversità, sull’agricoltura, sulle risorse idriche, sui settori produttivi, sul turismo. E contribuire alla messa a punto di programmi strategici nazionali per l’adattamento sostenibile ai cambiamenti climatici.
A presentarlo ai giornalisti, Sergio Marino, direttore generale di Arpa Sicilia, Roberto Caracciolo, direttore del dipartimento Ambiente dell’Apat, Giancarlo Boeri, capo dipartimento Tutela delle acque interne e marine, Stefano Corsini, responsabile del servizio Tutela delle coste di Apat, Giovanni Arnone, dirigente del Servizio Assetto del territorio e difesa del suolo dell’assessorato regionale Territorio e ambiente, Vincenzo Ferrara, coordinatore scientifico della Conferenza nazionale.
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“Blackout e incendi di questi due giorni – ha spiegato Marino – sono un ulteriore campanello d’allarme sulle conseguenze dei cambiamenti climatici. In 48 ore abbiamo visto cosa può avvenire in situazioni di emergenza in una grande città. Per non mandare in tilt il sistema è necessario un alto livello di attenzione nella programmazione e nella progettazione. Anche sul fenomeno dell’erosione delle coste – ha aggiunto - che interessa molto da vicino la Sicilia. Se, come si prevede, il livello del mare nei prossimi cento-duecento anni dovesse alzarsi di uno-due metri, potrebbe provocare forti danni. Per questo bisogna mettere in campo strategie di prevenzione oltre che di adattamento”.
A portare il saluto dell’assemblea regionale siciliana Mario Parlavecchio, componente della commissione Ambiente dell’Ars che, in riferimento ai blackout dei giorni scorsi, ha parlato della “volontà della politica siciliana di potenziare le energie alternative. Il piano energetico regionale – ha detto – tra poco arriverà in commissione. In ogni caso è impensabile che ogni volta ci sia un calo della distribuzione di energia elettrica in Italia a soffrirne sia solo la Sicilia. Chiederò una commissione d’inchiesta per appurare quello che è successo”. 
DATI NAZIONALI: STANNO PER SCOMPARIRE PIU’ DI 1500 KM DI SPIAGGE Presentati anche dei dati nazionali sull’erosione delle coste. “I dati che sono stati presentati oggi - ha spiegato Roberto Caracciolo, direttore del dipartimento Ambiente dell’Apat - non devono essere intesi solo come constatazione di un evento indesiderato che prima o poi porterà a conseguenze su diversi versanti: sanitario, economico e sociale. A tali dati dovranno far seguito una serie di iniziative che consentiranno di definire una strategia di adattamento, che sarà meglio sviluppata nel corso della Conferenza nazionale di settembre, al fine di contenere se non eliminare del tutto le conseguenze che sono state prese in esame oggi. Tra gli elementi di questa strategia - ha aggiunto - una priorità assoluta va data al miglioramento dei nostri sistemi conoscitivi perché le stime oggi descritte devono essere sempre più affinate per poter meglio programmare gli interventi di adattamento”.
In Italia, sono “in via di estinzione” più di 1.500 chilometri di coste sabbiose su circa 4.000. Se si immaginasse di agire lungo tutta questa fascia costiera erosa dalla forza del mare e non più rifornita dall’apporto dei fiumi, si dovrebbe dedicare solo all’azione di ripascimento tra 1 miliardo e mezzo e 2 miliardi di euro. Interventi e costi destinati a levitare decisamente con l’avanzare del cambiamento climatico: alla fine del secolo, con il livello del mare più alto di 30 centimetri (secondo le previsioni dell’Ipcc), il fenomeno di arretramento della riva che interesserebbe tutte le spiagge basse potrebbe comportare un aumento dei costi di ripascimento dell’ordine del 30-40%, secondo stime in via di verifica.
Non è economicamente sostenibile immaginare interventi di difesa indiscriminati su tutte le spiagge italiane già oggi in erosione o protette da opere.
“Per ricostruire le spiagge italiane già oggi in erosione - ha spiegato Stefano Corsini, responsabile del servizio Tutela delle coste di Apat - servirebbero oltre 150 milioni di metri cubi di sabbia: una quantità di materiale che dovrebbe essere estratta a sua volta da cave marine e sedimenti fluviali con un altissimo dispendio energetico e di cui attualmente non è neppure certa la disponibilità nel nostro paese”.
LA SITUAZIONE IN SICILIA
EROSIONE DELLE COSTE, IL 20% DELLE SPIAGGE DELL’ISOLA
RIDOTTE DI 80 METRI NEGLI ULTIMI 30 ANNI
AUMENTO DEL LIVELLO DEL MARE: SIMULATO UNO SCENARIO
ECCO COSA POTREBBE ACCADERE A TERMINI IMERESE
Entro il 2100 il livello medio del mare aumenterà e misurerà dai 28 ai 75 centimetri, secondo le previsioni, tra l’altro le meno catastrofistiche, dell’Ipcc. Qualcuno ipotizza anche che si arrivi a quota 7 metri. Mentre oggi il livello medio del mare è pari a zero.
La causa dell’innalzamento? Lo scioglimento dei ghiacciai continentali (è stata già persa gran parte di quelli delle Alpi) e di quelli di Artico e parte dell’Antartico. A Palermo, per esempio, il livello si è alzato di 0,5 millimetri. Stessa cosa a Catania. A Venezia e Genova il mare è arrivato ad alzare il proprio livello di un millimetro.
I cambiamenti climatici provocano l’innalzamento del livello del mare, l’aumento dell’intensità delle mareggiate ed entrambi i fenomeni amplificano quello dell’erosione. Al quale sono strettamente legati.
Da Capo Passero a Capo Peloro e fino a Capo Feto la costa si sviluppa per circa 865 chilometri pari al 70% dell’intero periplo siciliano (isole minori escluse) e al suo interno sono presenti complessivamente 522 aree a rischio di erosione: 234 di queste, pari a 105 chilometri, presentano situazioni molto gravi contrassegnate dal valore R4 cioè rischio molto elevato. “Il piano di monitoraggio e di interventi predisposto dai tecnici dell’assessorato regionale all’Ambiente - ha spiegato Giovanni Arnone,
dirigente del Servizio Assetto del territorio e difesa del suolo dell’assessorato regionale Territorio e ambiente - illustra come in un trentennio si sia registrato un arretramento della costa anche di 200 metri (a Patti, per esempio, di 135 metri). Il mare in 30 anni ha “divorato” mediamente circa 60 metri di spiaggia, cioè tre volte quella di Mondello. Il fenomeno della costa che arretra è più preoccupante nelle province di Messina, Palermo, Agrigento e Ragusa. In ogni caso il 20% delle spiagge siciliane è già in fase di avanzata erosione: negli ultimi trent’anni si sono ridotte di circa 80 metri”.
Entro quest’anno sarà completato il piano di bacino con la parte di costa mancante. Intanto per tutte le zone catalogate come R4, rischio molto elevato, è stato predisposto il divieto a tutta una serie di attività come l’apertura di nuovi stabilimenti balneari. nel frattempo sono state realizzate opere di ripascimento e contenimento.
SCENARIO. Nel corso del workshop sarà presentata una sorta di simulazione dello scenario che si verificherà se il livello del mare aumenterà di un metro nella zona tra
Termini Imerese e Lascari. Il primo effetto sarebbe un arretramento della costa di circa 100 metri. Cioè il mare arriverebbe a toccare i silos della centrale elettrica, il sito archeologico, ad allagare strade e abitazioni. Già con 15 centimetri di acqua in più, dicono gli esperti, in altre zone della Sicilia avremmo la scomparsa della spiaggia e della riserva di Vendicari o della Playa di Catania.
CONOSCENZA, PREVENZIONE E PROTEZIONE. Che fare dunque? Tre le strategie da mettere in campo. Per prima cosa la riorganizzazione, l’approfondimento e la diffusione delle conoscenze. Con la raccolta di tutti i dati e le informazioni prodotti da enti pubblici, la costituzione di una banca dati e di un sistema di monitoraggio per la linea di costa e per lo stato del mare, l’individuazione delle zone sensibili. Secondo punto è la prevenzione da attuare attraverso la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, la limitazione dell’occupazione delle spiagge e della realizzazione di opere marittime rigide (come scogliere di difesa, moli e porti) e ancora con l’arretramento delle strutture turistico-ricreative-alberghiere e con la delocalizzazione, che potrebbe essere necessaria in alcuni casi, come quello di Termini Imerese. Altri esempi? Stilare piani regolatori che allontanino le costruzioni dalla linea di costa, realizzare strade litoranee non a ridosso della spiaggia ma arretrate.